UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DEL PIEMONTE
ORIENTALE
Dipartimento di Scienze e Innovazione Tecnologica
Corso di Laurea Triennale in Scienze Biologiche
ELABORATO FINALE
Potenziali applicazioni cliniche della determinazione del biomarcatore Fibroblast
Growth Factor 23 (FGF23): Insufficienza renale cronica ed ostoemalacia
oncogenica.
RELATORE:
CANDIDATO:
Professor Elia Ranzato
Margherita Ciocca
CO-RELATORE:
Dottor Giulio Mengozzi
Anno accademico 2018/2019
Sommario
INTRODUZIONE GENERALE .................................................................................................... 1
REGOLAZIONE DEL METABOLISMO DEL CALCIO E DEL FOSFATO .............................................................. 1
Ormoni coinvolti nella regolazione dell’omeostasi del calcio. ............................................. 2
Regolazione del metabolismo del fosfato ............................................................................ 5
ALTERAZIONI NEL METABOLISMO FOSFO-CALCICO .............................................................................. 6
Malattia renale cronica ....................................................................................................... 6
Osteomalacia e Osteomalacia oncogenica ........................................................................ 13
FIBROBLAST GROWTH FACTOR 23 (FGF23).................................................................................... 16
Ruolo di FGF23 in pazienti affetti da CKD e Osteomalacia Oncogenica............................. 18
ESPERIENZA IN LABORATORIO ............................................................................................. 19
SCOPO DEL LAVORO .................................................................................................................... 19
MATERIALI E METODI .................................................................................................................. 21
Popolazione 1: Pazienti IRC avanzata ................................................................................ 21
Popolazione 2: Pazienti affetti da osteomalacia oncogenica ............................................ 22
Tempistiche di prelievo FGF23 ........................................................................................... 23
Analisi strumentale ............................................................................................................ 23
RISULTATI OTTENUTI ................................................................................................................... 27
Popolazione 1 .................................................................................................................... 27
Popolazione 2 .................................................................................................................... 33
DISCUSSIONE RISULTATI OTTENUTI ................................................................................................. 34
CONCLUSIONI ............................................................................................................................ 37
RINGRAZIAMENTI ................................................................................................................ 39
BIBLIOGRAFIA ..................................................................................................................... 41
INTRODUZIONE GENERALE
Regolazione del metabolismo del calcio e del fosfato
Circa il 99% del calcio presente nell’organismo è sotto forma cristallina nello scheletro e
nei denti; del restante 1%, lo 0,9% è situato a livello intracellulare nei tessuti molli e meno
dello 0,1% è presente nel liquido extracellulare (LEC).
Circa la metà del Ca presente nel LEC si trova legato a proteine plasmatiche e solo la
restante metà che si trova in forma libera, è soggetta a regolazione in quanto
biologicamente attiva [1].
La piccola frazione di Ca libera svolge un ruolo fondamentale in molteplici attività come
le seguenti:
• Eccitabilità neuromuscolare. Una diminuzione di Ca libero aumenta la permeabilità
delle membrane al Na, con conseguente afflusso di Na che avvicina il potenziale di
riposo al potenziale di soglia. In caso di ipocalcemia i tessuti eccitabili possono essere
portati al potenziale di soglia da altri stimoli causando una contrazione spastica dei
muscoli respiratori che, se sufficientemente intensa, causa la morte per asfissia. Anche
l’ipercalcemia mette a rischio la vita del soggetto perché causa aritmie cardiache e
depressione generalizzata dell’eccitabilità neuromuscolare [1].
• Accoppiamento eccitazione-contrazione nel muscolo liscio e nel muscolo cardiaco.
L’ingresso del calcio libero nelle cellule muscolari cardiache e nelle cellule muscolari
lisce, in risposta a un potenziale d’azione induce il meccanismo contrattile [1].
• Accoppiamento stimolo-secrezione. L’ingresso del calcio nelle cellule secernenti
permette il rilascio del prodotto di secrezione, che risulta particolarmente importante
quando riguarda la secrezione di neurotrasmettitori da parte dei neuroni e per la
1
secrezione di ormoni peptidici e catecolammine da parte delle cellule endocrine [1].
• Mantenimento delle giunzioni occludenti tra le cellule [1].
• Coagulazione del sangue. Il calcio funge da cofattore in alcune tappe della cascata
coagulativa che porta poi alla formazione del coagulo [1].
Oltre a queste funzioni, il calcio libero svolge il ruolo di secondo messaggero in molte
cellule e la sua presenza nelle ossa e nei denti permette l’integrità strutturale e funzionale
di questi tessuti.
Per questo motivo risulta essenziale una corretta e precisa regolazione dell’omeostasi del
calcio, che implica il mantenimento di una concentrazione plasmatica di calcio libero
costante; e in secondo luogo la regolazione del bilancio del cacio che assicura il
mantenimento della sua quantità totale all’interno dell’organismo.
Ormoni coinvolti nella regolazione dell’omeostasi del calcio.
L’ormone paratiroideo (PTH) è il principale regolatore del metabolismo del calcio,
mantenendone l’omeostasi e il bilancio.
Il PTH è un ormone peptidico secreto dalle paratiroidi ed è essenziale per la vita; la sua
azione principale è quella di aumentare la concentrazione di Ca nel plasma e di
conseguenza in tutto il LEC, prevenendo l’ipocalcemia.
In primo luogo induce un efflusso rapido di calcio nel plasma dal piccolo pool labile del
liquido osseo, attivando le pompe di membrana del Ca localizzate sulle membrane degli
osteociti
e
osteoblasti;
esse
promuovono
la
mobilitazione
del
Ca
senza
l’accompagnamento del PO4.
In secondo luogo stimola la dissoluzione dell’osso e promuove un lento trasferimento al
plasma di Ca e di PO4; questo meccanismo viene utilizzato quando la carenza di calcio
risulta cronica [1-2].
2
Il PTH stimola gli osteoclasti a riassorbire il tessuto osseo e il calcio prelevato si sposta
lentamente verso il plasma senza però causare danni evidenti alle ossa, in quanto la
porzione che viene utilizzata risulta minima rispetto alla quantità totale di calcio presente
nelle ossa.
Tuttavia una secrezione di PTH eccessiva e prolungata finisce per causare la formazione
di cavità in tutto lo scheletro che vengono colmate da osteoclasti molto grandi. [1]
Quando il PTH mobilita il calcio presente nelle ossa, promuove anche la migrazione di
PO4 nel plasma; questo aumento di concentrazione risulta inopportuno e viene gestita dal
PTH tramite l’azione che esplica sui reni promuovendone l’eliminazione attraverso le
urine.
La calcitonina è un ormone secreto dalle cellule C della tiroide, e come il PTH esercita le
sue azioni sull’osso, ma in questo caso l’azione diminuisce la concentrazione plasmatica
di Ca. Il suo ruolo è quello di proteggere dall’ipercalcemia, questa condizione però si
verifica raramente. Tuttavia la calcitonina può svolgere un ruolo nella protezione
dell’integrità dello scheletro in situazioni in cui è elevata la richiesta di calcio, come
durante la gravidanza; ma non risulta un ormone essenziale per il mantenimento
dell’omeostasi dello ione. Viene inoltre utilizzata per il trattamento dell’osteoporosi
avanzata per la sua funzione nel rallentare l’attività degli osteoclasti [1].
L’ultimo fattore che interviene nella regolazione del metabolismo del calcio è la vitamina
D, un composto di natura steroidea essenziale per l’assorbimento del Ca nell’intestino.
La vitamina D viene assunta tramite la dieta ma può anche essere prodotta dall’organismo
a partire dal precursore 7-deidrocolesterolo nella pelle in seguito all’esposizione alla luce
solare. Indipendentemente dalla fonte, la vitamina D è biologicamente inattiva quando
entra nel sangue e viene attivata da due modificazioni biochimiche che portano
all’aggiunta di due gruppi ossidrilici [2]. La vitamina D, derivata dalla cute o dalla dieta,
3
subisce una prima modificazione nel fegato in 25-idrossivitamina D. Essa è metabolizzata
nei reni dall'enzima 25-idrossivitamina D-1α-idrossilasi (CYP27B1) nella sua forma
attiva 1,25-diidrossivitamina D. La produzione renale di 1,25-diidrossivitamina D è
strettamente regolata dai livelli plasmatici di PTH e dai livelli di calcio e di fosforo.
La vitamina D attivata aumenta l’assorbimento di Ca nell’intestino e aumenta
l’assorbimento intestinale di PO4 [3].
Oltre a queste due funzioni la vitamina D aumenta la responsività dell’osso al PTH,
rendendo questi due ormoni strettamente interdipendenti [2-3].
Il fosforo si trova nell’organismo sia in forma organica che in forma inorganica, nelle
ossa e nei denti, ma anche nel sangue e nei tessuti molli.
L’assorbimento avviene sotto forma di fosfato inorganico grazie alla presenza della
vitamina D, mentre la sua eliminazione avviene attraverso le feci e le urine [2].
Il fosforo svolge ruoli molto importanti nell’organismo:
•
È un costituente della frazione minerale delle ossa e dei denti;
•
Forma legami ad alta energia come quelli presenti nell’ATP e nella fosfocreatina;
•
Nel sangue costituisce un sistema tampone importante per la regolazione del pH;
•
Regola importanti processi biochimici come la captazione del glucosio, i meccanismi
di fosforilazione e l’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno;
•
È un costituente di enzimi, proteine, fosfolipidi, acidi nucleici e nucleotidi.
Raramente si verificano carenze di fosforo in quanto risulta presente nella maggior parte
degli alimenti di origine vegetale e animale, normalmente le carenze di fosforo sono
dovute a sostanze presenti negli alimenti che ostacolano il suo assorbimento, oppure a
patologie che interferiscono con questo processo [1-2].
4
Regolazione del metabolismo del fosfato
Il fosfato viene regolato direttamente dalla vitamina D e indirettamente dal feedback
negativo Ca plasmatico – PTH.
Circa il 75-85% del fosforo filtrato dai glomeruli renali viene poi riassorbito nel tubulo
prossimale attraverso due tipi di cotrasportatori sodio-fosforo NaPi-IIa e NaPi-IIe
espressi a livello della membrana apicale delle cellule tubulari [1].
Quando il PTH è legato al suo recettore posto sulle cellule tubulari renali, induce
l’internalizzazione dei trasportatori sopra citati determinando una riduzione del
riassorbimento di fosforo e un aumento della sua escrezione tramite le urine.
Una diminuzione di PO4 plasmatico aumenta la concentrazione di Ca sopprimendo la
secrezione di PTH, di conseguenza aumenta il riassorbimento di PO4 a livello renale.
Inoltre una diminuzione di PO4 plasmatico induce l’attivazione della vitamina D che
promuove
l’assorbimento
del
fosfato
a
livello
intestinale
[1-3].
5
Alterazioni nel metabolismo fosfo-calcico
Malattia renale cronica
La filtrazione glomerulare o ultrafiltrazione rappresenta il primo passaggio del processo
di formazione dell’urina; l’ultrafiltrato così formatosi sarà privo di proteine e avrà una
composizione simile (elettroliti, molecole organiche) a quella plasmatica. La velocità di
filtrazione glomerulare (VFG) è controllata dalla combinazione della pressione di
filtrazione glomerulare (Pf), determinata dall’elevata pressione idrostatica nei capillari
glomerulari, e dal coefficiente di filtrazione capillare (Kr) [1-4].
VFG = Pf x Kr
In un soggetto sano, la VGF è di 125 mL/min, ossia di 180L/die. Tuttavia la frazione del
flusso plasmatico renale (FPR), ossia il volume di plasma che attraversa entrambi i reni
in un minuto, che viene filtrata è solo il 20% [1-2].
Una volta formatosi l’ultrafiltrato nella capsula di Bowman, esso scorre nel tubulo renale,
lungo il quale la composizione del liquido viene modificata fino a formare l’urina
definitiva grazie alle proprietà assorbenti e secernenti dell’epitelio tubulare nelle
differenti regioni del tubulo renale. A differenza della filtrazione glomerulare che non è
selettiva, il riassorbimento e la secrezione tubulare sono processi selettivi, responsabili
del:
•
Riassorbimento del 99% dell’acqua;
•
Riassorbimento quasi totale di amminoacidi;
•
Riassorbimento notevole di Na, Cl, HCO3;
•
Secrezione di K, H+.
Alla fine del trasporto tubulare, in cui è avvenuto il quasi totale riassorbimento di acqua
e la modificazione della composizione elettrolitica del liquido, si ottengono circa 1,5
L/die di urina che verrà poi espulsa [1-4].
6
I principali soluti che vengono riassorbiti lungo il tubulo renale sono:
•
Sodio: riassorbito tramite trasporto attivo principalmente nel tubulo prossimale
grazie alle pompe Na/K; il suo movimento è spesso accoppiato col riassorbimento
di altri soluti.
•
Acqua: in seguito al riassorbimento di sodio nel liquido interstiziale, si viene a
creare una differenza di concentrazione che causa il passaggio osmotico
dell’acqua, attraverso giunzioni strette o cellule, nella stessa direzione dei soluti
di conseguenza, cambiamenti nel riassorbimento del sodio influenzano
significativamente il riassorbimento di acqua e soluti.
•
Cloruri: in seguito al riassorbimento attivo di sodio si crea un gradiente elettrico
per via della concentrazione di cariche negative nel lume tubulare e di cariche
positive nel liquido interstiziale: questo gradiente determina il riassorbimento
passivo di ioni cloruro secondo gradiente [4].
•
Urea: in seguito al riassorbimento passivo di H2O, accoppiato al riassorbimento
attivo di Na, si verifica un aumento della concentrazione di urea nel lume
tubulare; conseguentemente avviene un riassorbimento passivo di circa il 50%
dell’urea filtrata, mentre la rimanente viene persa con le urine [4].
•
Glucosio e amminoacidi: il gradiente elettrochimico generato dal riassorbimento
attivo di Na è accoppiato per il co-trasporto di glucosio/amminoacidi [4].
•
Contro-trasporto di H+: il riassorbimento di Na è accoppiato con la secrezione di
+
ioni H nei tubuli; questo processo è fondamentale per il riassorbimento di ioni
+
HCO3 dal lume: nel lume, H si combina con HCO3 a formare H2CO3, il quale si
dissocia poi in H2O e CO2 [4].
La clearance renale di una determinata sostanza è definita come il volume di plasma
7
completamente depurato da quella sostanza attraverso i reni nell’unità di tempo. La VFG
può essere calcolata mediante l’utilizzo di diverse sostanze che devono essere filtrare
liberamente e non essere riassorbite o secrete a livello tubulare; generalmente si utilizzano
la creatinina e l’inulina:
Cs = Clearance sostanza (ml/min)
Ps = Concentrazione plasmatica sostanza (mg/ml)
Us = Concentrazione urinaria sostanza (mg/ml)
Vu = Flusso urinario (ml/min)
Per stimare la VFG viene utilizzata la clearance della creatinina, un prodotto di scarto del
metabolismo muscolare che viene escreto completamente nelle urine.
In caso di disfunzione renale diminuisce la VFG e aumenta la concentrazione plasmatica
della creatinina. La concentrazione di creatinina plasmatica è inversamente proporzionale
alla VFG. La concentrazione plasmatica di creatinina è utilizzata a livello clinico per
stimare la VFG [1-4].
Quando i reni sono così alterati da non essere più in grado di svolgere le loro funzioni di
regolazione ed escrezione in misura sufficiente per mantenere l’omeostasi, ci si trova in
condizioni di insufficienza renale [1].
Le cause di questa insufficienza possono essere molteplici ad esempio:
•
Microrganismi infettivi che entrano nel sangue e successivamente vanno a
danneggiare i reni;
•
Agenti tossici come piombo, arsenico, o pesticidi;
•
Risposte immunitarie come la glomerulonefrite che può essere causata da infezioni
da streptococco che formano complessi antigene-anticorpo che causano il danno
infiammatorio a livello renale;
8
•
Ostruzioni del flusso urinario a causa di calcoli o tumori;
•
Insufficiente irrorazione sanguigna renale che altera la pressione di filtrazione.
Indipendentemente dalla causa è bene distinguere la malattia renale acuta da quella
cronica. La prima è caratterizzata da insorgenza improvvisa con riduzione rapida della
formazione di urine finché non viene prodotta una quantità inferiore al minimo essenziale.
L’insufficienza renale acuta può avere esito letale oppure può essere reversibile ed essere
seguita da completa guarigione [1].
L’insufficienza renale cronica è caratterizzata dalla perdita lenta e progressiva della
funzionalità renale. È una condizione irreversibile e risulta particolarmente insidiosa
poiché può portare alla distruzione del 75% del tessuto renale prima di essere conclamata;
questo perché è sufficiente il 25% del tessuto renale per svolgere le funzioni regolatrici.
Quando si supera il 90% del tessuto renale distrutto subentra l’insufficienza renale
terminale [1].
L’incapacità del rene di mantenere un certo grado di filtrazione del sangue, insieme ai
suoi segni e sintomi viene definito uremia.
La malattia renale cronica è spesso asintomatica e viene diagnosticata tramite esami del
sangue e delle urine.
Un valore molto importante per la diagnosi della CKD (Chronic Kidney Disease) è il
grado di filtrazione glomerulare GFR che indica il volume di sangue filtrato al minuto.
Un rene sano filtra circa 90 mL/min, sotto i 60 mL/min è evidente un cambiamento della
funzionalità renale.
Per calcolare GFR si utilizza la creatinina sierica insieme ad altre variabili come ad
esempio età, sesso, etnia, altezza e peso.
9
Questo valore è utile per la valutazione della filtrazione glomerulare e per stimare le fasi
della malattia renale cronica:
Fase
Valori di eGFR
Diagnosi
G1
>90 mL/min
Prove di danno renale
da altri esami
G2
60-89 mL/min
Valori leggermente in
diminuzione
G3a
45-59 mL/min
Riduzione funzionalità
renale
G3b
30-44 mL/min
Riduzione severa della
funzionalità renale
G4
15-29 mL/min
Riduzione severa con
sintomi evidenti
G5
<15 mL/min
Insufficienza renale
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Una diagnosi precoce può aiutare a minimizzare il danno renale. È importante fare
diagnosi prima della comparsa dei sintomi, che generalmente si presentano dopo che il
30-40% della funzionalità renale è già andata persa.
I sintomi più frequenti sono:
•
Pressione arteriosa instabile, solitamente alta;
•
Nausea accompagnata da vomito e da scarso appetito;
•
Gonfiori localizzati su volto e gambe a causa della ritenzione di liquidi;
•
Disturbi del sonno e dell’umore;
•
Insorgenza di edema polmonare e pericardite.
Nelle prime fasi i sintomi sono generalmente assenti e risultano alterati alcuni valori degli
esami del sangue che esprimono la funzione renale, in particolare la creatinina.
Nelle fasi seguenti avviene l’alterazione dei livelli di acido urico, calcio, fosfato,
bicarbonato, paratormone e si riducono gli eritrociti determinando l’insorgenza di
anemia.
In fase avanzata, l’anemia progredisce e la pressione arteriosa aumenta portando alla
comparsa dei sintomi sopra citati. Risulta quindi necessaria l’assunzione di farmaci per
correggere l’alterazione del rene e ritardare la dialisi.
Altri criteri per diagnosticare i CKD, insieme al valore di GFR possono essere le analisi
delle urine per determinare la presenza di albumina, cellule, proteine e cilindri tramite
l’osservazione dei sedimenti urinari e un’alterazione di alcuni valori negli esami del
sangue:
•
Aumento dell’azotemia e della creatinina nell’urea;
•
Riduzione di bicarbonati con conseguente acidosi;
•
Aumento del fosforo;
11
•
Riduzione del calcio;
•
Anemia.
I pazienti ai quali è stata diagnosticata insufficienza renale dovrebbero essere sottoposti
regolarmente a screening per la compromissione funzionale renale e per la malnutrizione.
I parametri che vengono controllati sono:
•
Creatinina sierica e stima della GRF;
•
Azotemia;
•
Ricerca di bicarbonati;
•
Fosforemia;
•
Calcemia;
•
Emocromo;
•
Rapporto microalbuminuria/creatinuria;
•
Valutazione del sedimento urinario;
•
Dosaggio del paratormone.
Al fine di non sovraccaricare eccessivamente i reni e allo stesso tempo di impedire il
verificarsi di patologie secondarie, quali la steatosi epatica causata da carenza di proteine
e malnutrizione, può essere utilizzata una dieta ipoproteica arricchita con chetoanaloghi
(analoghi non azotati degli amminoacidi essenziali).
Questo tipo di dieta può essere determinante nel rallentare il decorso della malattia renale
cronica, rimandando così l’inizio della dialisi.
12
Osteomalacia e Osteomalacia oncogenica
Il rachitismo è una patologia che colpisce i bambini caratterizzata da una ridotta
mineralizzazione del tessuto osseo in accrescimento. La causa più frequente è
rappresentata dal deficit di vitamina D, sono invece più rare le forme ereditarie che
vengono trasmesse geneticamente; tra queste i rachitismi ipofosfatemici sono quelli più
frequenti. La caratteristica comune a queste due forme di rachitismo è rappresentata dai
bassi livelli plasmatici di fosforo insieme a livelli decisamente aumentati del fattore di
crescita fibroblastico 23 (FGF23). In età pediatrica i livelli di fosforo variano da 4,8-7,4
mg/dL nei primi tre mesi di vita a 4,5-5,8 mg/dL dopo i dodici mesi [7].
Bassi livelli di fosfato impediscono il processo di apoptosi dei condrociti a livello della
cartilagine
in
accrescimento,
con
conseguente
alterazione
del
processo
di
mineralizzazione ossea [7].
Il rachitismo ipofosfatemico X-linked dominante (XLHR) rappresenta la forma più
comune tra i rachitismi ereditari, tanto che risulta il responsabile di circa l’80% di tutte le
forme familiari. La sua incidenza è di 1:20.000 ed è causata da una mutazione inattivante
del gene PHEX (Phosphate Regulating Gene with Homology to Endopeptidases Located
on the X Chromosome), localizzato a livello del braccio corto del cromosoma X (Xp22.1).
Questo gene viene espresso principalmente dagli osteoblasti e osteoclasti del tessuto
osseo e codifica per una proteina di membrana appartenente alla famiglia delle
endopeptidasi zinco dipendenti, la cui funzione è quella di inattivare FGF23. La loss of
function determina un aumento dei livelli di FGF23 che porta a inibizione del
riassorbimento dei fosfati a livello renale che vengono escreti tramite le urine. Sono note
circa 200 mutazioni differenti a carico del genen PHEX [6-7].
13
Poiché la mutazione riguarda il cromosoma X, una madre trasmette la malattia con una
probabilità del 50% ai suoi figli siano essi maschi o femmine; mentre un padre la
trasmette solo alle figlie femmine che saranno inevitabilmente affette dalla patologia.
Il fenotipo clinico risulta più severo nel sesso maschile anche se la patologia si manifesta
più frequentemente nel sesso femminile.
Si parla di osteomalacia quando la patologia colpisce gli adulti e può avere le stesse cause
del rachitismo X-linked oppure essere anche causata da una scarsa esposizione al sole o
da insufficienza renale cronica, che portano a una carenza di vitamina D; oppure può
insorgere a seguito della somministrazione prolungata di alcuni farmaci che ne alterano
il metabolismo, come ad esempio gli anticonvulsionanti, alcuni farmaci contro l’HIV e
gli antiacidi a base di idrossido di alluminio [6-7].
Per quanto riguarda i bambini XLHR, la terapia si basa sulla somministrazione quotidiana
di sali di fosfato inorganico associata ai metaboliti attivi della vitamina D (alfa-calciferolo
e calcitriolo) per via orale. Questo trattamento può correggere parzialmente le deformità
scheletriche riducendo la necessità di ricorrere alla chirurgia ortopedica.
Il trattamento convenzionale però non porta a completa guarigione poiché persiste
l’alterazione del processo di mineralizzazione ossea con conseguenti deformità
scheletriche, disturbi gastrointestinali e rischio di alterazioni metaboliche e endocrine.
Per questo motivo la comunità scientifica si è concentrata su un nuovo target terapeutico
che riguarda la regolazione dei livelli di FGF23 [7].
L’Osteomalacia Oncogenica (TIO – Tumor Induced Osteomalacia) è una patologia
paranoeplastica nella quale il tumore è in grado di produrre un fattore che determina un
quadro clinico di osteomalacia o rachitismo vitamina-D resistente [9].
14
Il primo step del quadro patogenetico della malattia è rappresentato dalla produzione da
parte del tumore di un fattore fosfaturico che agisce a livello del tubulo renale riducendo
l’assorbimento di fosfati con conseguente ipofosfaturia [7-9].
Il primo fattore fosfaturico ad essere scoperto è stato il Fibroblast Growth Factor 23
(FGF23), al quale si sono successivamente aggiunte le fosfatonine 3,10 e 11.
Il paziente affetto da TIO presenta bassi livelli di fosfati, in genere inferiori a 0.80 mmol/L
associati a normali livelli di calcio, PTH, magnesio e vitamina D. A livello osseo si
osserva una matrice non sufficientemente mineralizzata a causa della carenza di fosfati
che la rende meno resistente al carico meccanico e di conseguenza aumenta l’incidenza
di fratture [9].
La maggior parte dei tumori che causano la TIO sono di origine mesenchimale, come
l’angioma sclerosante, l’angiofibroma e il condrosarcoma. Essi sono tumori a lenta
crescita generalmente localizzati a livello delle ossa lunghe, ma non sempre è possibile
stabilirne la localizzazione.
Il trattamento per i pazienti affetti da TIO consiste nella rimozione chirurgica del tumore
e qualora non fosse possibile l’operazione, si sopperisce con una somministrazione di
vitamina D e sali di fosfato [7-8-9].
La scoperta di nuovi fattori come FGF23 e le fosfatonine ha rivoluzionato le tecniche
terapeutiche per questo tipo di disordini metabolici che interessano il tournover osseo e il
sistema biologico vitamina D-PTH-Ca [9].
15
Fibroblast Growth Factor 23 (FGF23)
FGF23 è un fattore di crescita appartenente alla famiglia Human Fibroblast Growth
Factors o FGF, è una glicoproteina costituita da 251 amminoacidi codificata da un gene
presente sul braccio corto del cromosoma 12 e prodotta principalmente dagli osteociti nel
tessuto osseo.
FGF23 presenta un meccanismo d’azione endocrina, una volta secreto dagli osteociti, la
sua azione si esplica a livello renale tramite la regolazione dei fosfati riducendone
l’assorbimento e promuovendone l’escrezione urinaria [7-9].
In presenza di livelli elevati di fosfato, FGF23 oltre a inibire il riassorbimento tubulare,
sopprime la trascrizione di CYP27B1 stimolando il catabolismo della 1,25 (OH)2
Vitamina D3. Tuttavia FGF23 presenta una bassa affinità per il suo recettore quindi per
effettuare questa regolazione, necessita di una proteina di membrana di tipo I, Klotho
(KL) che ha il compito di rendere specifica l’interazione di FGF23 con il suo recettore
FGFR attraverso il legame con la porzione N-terminale di FGF23 che con la propria coda
C-terminale lega il recettore. Dopo la formazione del complesso FGF23-FGFR-KL
avviene la riduzione dell’espressione delle pompe di membrana sodio-fosfato a livello
delle cellule tubulari renali con conseguente fosfaturia e inibizione della biosintesi di
Vitamina D3 nella sua forma attiva. Come risultato finale si ha una duplice riduzione del
riassorbimento di fosfati a livello renale e a livello intestinale [7-9].
FGF23 viene inattivato tramite il clivaggio a opera di specifiche endopeptidasi, mentre la
sua produzione ossea viene regolata dai livelli circolanti di vitamina D3 tramite feedback
negativo.
La letteratura scientifica ha evidenziato l’importanza di uno studio approfondito su
FGF23 che è risultato essere implicato in altre funzioni metaboliche oltre al metabolismo
del calcio e dei fosfati.
16
Diversi studi evidenziano la presenza di elevati livelli di FGF23 in pazienti affetti da CKD
che sarebbero coinvolti nell’ipetrofia ventricolare sinistra (LVH), questo causerebbe
mortalità nei pazienti con insufficienza renale cronica. L’effetto negativo è da attribuirsi
all’azione indipendente di FGF23 da Klotho, non espressa nei cardiomiociti. Tramite
studi in laboratorio è emerso che a seguito del trattamento con un bloccante del recettore
FGF la condizione di LVH è stata attenuta sebbene non sia stata osservata alcuna
variazione nella pressione sanguigna [10].
Nuovi progressi della ricerca dimostrano che FGF23 è anche legato al ferro,
all'infiammazione e all'eritropoiesi. L'equilibrio tra produzione FGF23, modificazione
post-trascrizionale e scissione viene mantenuto o perturbato in diverse condizioni
monogeniche ereditarie e in condizioni acquisite che imitano questi disturbi genetici, tra
cui carenza di ferro, infiammazione, trattamento con carbossimaltosio ferrico e malattia
renale cronica. Quindi una più profonda comprensione delle relazioni tra regolazione
FGF23, omeostasi del ferro ed eritropoiesi può essere sfruttata per escogitare nuovi
obiettivi terapeutici per il trattamento dell'anemia e gli stati di eccesso di FGF23, inclusa
la malattia renale cronica [11].
17
Ruolo di FGF23 in pazienti affetti da CKD e Osteomalacia Oncogenica
Nei pazienti affetti da insufficienza renale cronica FGF23 è uno dei primi parametri a
modificarsi, prima della fosforemia e del PTH. L’incremento di FGF23 nei primi stadi
della malattia è considerato un meccanismo compensatorio per prevenire la comparsa di
iperfosforemia diminuendo quindi l’assorbimento del fosforo a livello renale e intestinale.
I livelli sierici di FGF23 aumentano nell’arco di poche ore a seguito di un danno renale,
questo potrebbe essere associato alla riduzione dei livelli di Klotho e alla resistenza renale
di FGF23 oppure a una alterata escrezione di metaboliti del metabolismo minerale che
non sono immediatamente visibili a livello urinario o sierico.
Di conseguenza un follow-up dei livelli di FGF23 in pazienti con CKD potrebbe rivelare
precocemente, prima di altri indicatori, la presenza di danno renale acuto e
l’aggravamento della condizione renale [14].
Nei casi di osteomalacia oncogenica il fattore di crescita fibroblastico 23 è prodotto in
quantità elevate dal tumore stesso, che determina quindi i tipici sintomi clinici
dell’osteomalacia da carenza di Vitamina D o X-linked.
A seguito di una rimozione chirurgica del tumore i livelli di FGF23 potrebbero essere
utilizzati per seguire il decorso post-operatorio e potrebbero evidenziare un’eventuale
ricomparsa della neoplasia [13-14].
18
ESPERIENZA IN LABORATORIO
Scopo del lavoro
Nell’ambito del nostro lavoro abbiamo considerato:
- In campo nefrologico l’importante ruolo svolto dalla dietoterapia, che, grazie all’effetto
prodotto sull’organismo da un basso apporto proteico è in grado di posticipare l’inizio del
trattamento dialitico e di migliorare l’outcome dei pazienti.
- In campo oncologico, per le rare forme di osteomalacia oncogenica, l’evoluzione della
patologia dopo intervento chirurgico dei pazienti affetti.
In entrambe le malattie, anche se con eziologia e clinica notevolmente diverse tra di loro,
secondo la letteratura e gli studi più recenti si è constatato che il fattore di crescita FGF23
svolge un ruolo prognostico potenzialmente molto importante.
Infatti nelle diete drastiche impostate per i nefropatici cronici, che implicano una forte
compliance da parte del paziente ed un continuo controllo per garantirne il mantenimento
della funzionalità, il biomarcatore FGF23 ha la caratteristica di variare precocemente al
minimo aumento dei fosfati, e potrebbe rappresentare un indice estremamente utile per
permettere al clinico di instaurare la terapia sostitutiva in caso di fallimento [14-15].
Nella osteomalacia, invece, la patogenesi è attribuita alla presenza di tumori
mesenchimali che esprimono e secernono FGF23 in grado di determinare un’aumentata
escrezione di fosfati [16]. Le dimensioni estremamente ridotte e le localizzazioni variabili
delle formazioni neoplastiche ne rendono difficile l’identificazione con le tecniche
radiologiche convenzionali mentre i livelli circolanti di FGF23 risultano elevati e si
riducono dopo rimozione chirurgica del tumore primitivo assumendo un ruolo rilevante
nella diagnosi e nel follow-up [17].
19
Pertanto le variazioni nella concentrazione dell’ormone FGF23 assumono implicazioni
importanti nell’equilibrio elettrolitico organico soprattutto in condizioni di stress
particolare quali il danno renale cronico e/o le forme tumorali che ne possono variare la
produzione.
Scopo del nostro lavoro è stato quello di esaminare il possibile ruolo diagnostico e
prognostico di FGF23 nell’insufficienza renale cronica compensata con dieta aproteica e
nell’osteomalacia oncogenica nei pazienti seguiti dal centro di Nefrologia e da quello di
Malattie del Metabolismo Osseo facenti capo al nostro Presidio ospedaliero.
20
Materiali e metodi
Popolazione 1: Pazienti IRC avanzata
Sono stati selezionati 12 pazienti con IRC (Insufficienza Renale Cronica) avanzata, 4
donne e 8 uomini con età compresa tra 44 ed 85 anni.
Tutti i partecipanti sono afferenti all’Ambulatorio Ma.Re.A (Malattia Renale Avanzata)
del Reparto di Nefrologia dell’Ospedale Città della Salute e della Scienza di Torino,
inviati da parte del team nefrologico per valutazione ed impostazione di una dieta
ipoproteica vegetariana supplementata con chetoanaloghi.
Criteri d’inclusione nello studio per questi soggetti sono stati i seguenti:
•
IRC in terapia conservativa al IV-V stadio della classificazione NKF/DOQI;
•
Rapida progressione della nefropatia abbinata alla difficoltà di sottoporre a sedute
dialitiche i pazienti od a procedere con un trapianto vista l’età avanzata.
I 12 pazienti sono stati seguiti nel corso dello studio valutando esami ematici di routine
in grado di fornire informazioni sullo stato generale di salute ed i valori di FGF23 al fine
di monitorarne l’andamento nel corso dell’evoluzione della terapia.
Gli indicatori classici considerati sono:
•
urea sierica ed acido urico sierico: il valore alto della prima dipende dalla
funzionalità renale, ma anche dalla quantità di proteine introdotte con
l’alimentazione, l’acido urico invece è un prodotto di scarto del metabolismo
cellulare, in particolare della degradazione delle purine che provengono per la
maggior parte dalla sintesi endogena e solo in minima parte dalla dieta [1-3].
21
•
La creatinina sierica che fornisce informazioni utili sulla velocità di filtrazione
glomerulare [3].
•
Il fosfato inorganico che, essendo regolato dal FGF23 rappresenta un indice
indiretto della sua produzione e della sua funzioalità [1]
•
sodio, potassio, che regolano l’attività elettrica delle membrane e magnesio
parametro, quest’ultimo molto importante per valutare l’andamento della dieta nei
pazienti della popolazione 1 [1-2-3].
Sono stati effettuati anche degli esami urinari con particolare attenzione verso i valori
della creatinina urinaria, delle proteine totali e dell’albumina, quest’ultima è considerata
un indicatore precoce di nefropatia diabetica, e visto che 2 dei 12 pazienti risultano affetti
da diabete mellito, si è prestata particolare attenzione a questo valore per determinare
eventuali peggioramenti nelle condizioni renali.
Sui campioni di urine è inoltre stata effettuata una valutazione microscopica del
sedimento.
Popolazione 2: Pazienti affetti da osteomalacia oncogenica
I soggetti appartenenti al secondo gruppo sono seguiti dal nostro centro di Geriatria e
Malattie metaboliche dell’osso. Dipartimento di Medicina Generale e Specialistica.
Si tratta di 5 pazienti portatori di osteomalacia oncogenica diagnosticata. Essi hanno
subito un intervento per la rimozione chirurgica della neoplasia scatenante
l’osteomalacia, e sono stati seguiti nel post operatorio per verificare l’eventuale
ricomparsa.
Il numero è così esiguo per via dell’estrema rarità di questa patologia. Di questi 5 pazienti
4 sono donne. Essi presentano un’età compresa tra i 31 e i 63 anni.
22
Tempistiche di prelievo FGF23
Per la popolazione 1 è stato effettuato un primo prelievo T0 prima dell’inizio del
trattamento tramite dieta aproteica e un secondo prelievo a distanza di circa tre mesi
dall’inizio della dieta stessa. In concomitanza di questi momenti si è proceduto anche al
dosaggio del marcatore FGF23. A distanza di 8 mesi dall’intervento sono nuovamente
stati registrati i parametri di funzionalità renale per analizzarne l’evoluzione ma in questo
caso non è più stato possibile dosare il valore di FGF23 poichè la fornitura di reattivi
fornita gratuitamente dalla ditta produttrice non era più sufficiente.
Per la popolazione 2 il T0 corrisponde a circa sei mesi dopo la rimozione chirurgica e un
secondo prelievo è stato effettuato a dodici mesi dall’intervento, quindi dopo sei mesi dal
primo prelievo.
Analisi strumentale
Il dosaggio del fattore di crescita fibroblastico 23 è stato effettuato sul siero dei pazienti,
precedentemente centrifugato, tramite la piattaforma Liaison XL; mentre il dosaggio dei
parametri di routine è stato effettuato tramite la piattaforma automatizzata Cobas 8000
della Roche S.p.a.
Il metodo per la determinazione quantitativa di FGF23 è un test sandwich a tre step basato
sul principio della chemiluminescenza, in cui l’analita da dosare viene bloccato tra due
anticorpi specifici con segnale rilevato in luminescenza.
1) Fase solida: un anticorpo murino (anticorpo monoclonale derivato interamente da
cellule di topo) purificato specifico per affinità a FGF23 costituisce il rivestimento
delle particelle magnetiche; un altro anticorpo monoclonale specifico per un
differente epitopo della molecola di FGF23 si trova legato alla fluoresceina a
formare il coniugato anticorpo-fluoresceina.
23
2) Prima incubazione: durante questa fase FGF23 presente nei calibratori, nei
campioni o nei controlli si lega all’anticorpo coniugato. A seguito della prima
incubazione la fase solida viene aggiunta alla reazione; si forma un sandwich solo
in presenza di molecole di FGF23 che formano un ponte tra i due anticorpi. Dopo
la seconda incubazione un anticorpo monoclonale anti-fluoresceina legato a un
derivato dell’isoluminolo (molecola aromatica che reagendo con un determinato
catalizzatore emette luce fluorescente) reagisce con l’anticorpo monoclonale antiFGF23 marcato con fluoresceina già legato alla fase solida.
3) Dopo la terza incubazione il materiale non legato viene rimosso tramite un ciclo
di lavaggio a seguito del quale vengono aggiunti i reagenti starter che inducono la
reazione di chemiluminescenza. Il segnale luminoso è misurato da un
fotomoltiplicatore in unità relative di luce (RLU) ed è indicativo della
concentrazione di FGF23 presente nei calibratori, nei campioni e nei controlli.
I reattivi sono forniti dall’azienda Siemens e i risultati ottenuti vengono confrontati
mediante elaborazioni computeristiche con quelli calcolati sulla base di una curva di
calibrazione, generata in modo specifico per il singolo analita grazie a una calibrazione a
più punti letta su una curva master fornita dalla ditta produttrice. La stabilità della curva
è controllata testando almeno una volta per seduta lavorativa una tripletta di controlli di
cui i valori attesi spaziano su tutto il range di linearità dichiarato dalla ditta produttrice.
Gli esami di routine sono determinati tramite la piattaforma automatizzata Cobas 8000
con reattivi forniti dall’azienda Roche S.p.a.
Questa metodica prevede la determinazione quantitativa degli analiti su siero mediante il
ricorso ad una tecnica ECLIA (ImmunoAssay in ElettroChemiLuminescenza) di
immunodiagnosi automatizzata.
24
La tecnica ECLIA prevede che inizialmente un Ab di cattura biotinilato e un Ab marcato
con rutenio si legano all’Ag analita contenuto nel campione. I complessi Ab-Ag che si
formano si fissano su particelle magnetiche rivestite di streptavidina. A seguito
dell’incubazione a 37 gradi centigradi, la miscela di reazione è trasferita nella cuvetta di
lettura contenente un elettrodo di platino. Un campo magnetico consente di fissare le
microparticelle magnetiche e quindi il complesso Ab-Ag sull’elettrodo, l’eccesso di Ab
marcato
con
rutenio
viene
eliminato
tramite
lavaggio.
La
reazione
elettrochemiluminescente è innescata da una differenza di potenziale applicata a livello
dell’elettrodo in presenza di un donatore di elettroni; il TPA (tripropilammina)
disponibile in eccesso). Questa differenza di potenziale permette la doppia ossidazione
del Ru2+ e del TPA in uno ione Ru3+ e un catione TPA+. Quest’ultimo perde la sua
carica positiva nel mezzo di reazione e cede un elettrone al Ru3+ in una reazione
esoergonica che porta alla formazione dello ione Ru2+ allo stato eccitato. Il ritorno allo
stato fondamentale è ottenuto tramite emissione di fotoni a una lunghezza d’onda di 620
nm. L’esecuzione di molteplici cicli di ossidazione del rutenio permette di ottenere
un’amplificazione del segnale.
In particolare il dosaggio dell’analita si basa sul principio a sandwich, ha una durata
media di 18 minuti e si svolge in diverse fasi:
1) Prima incubazione: avviene la formazione della struttura a sandwich composta dal
siero del paziente, da un anticorpo monoclonale biotinilato specifico per l’analita
che si intende dosare nel siero e un secondo anticorpo specifico per lo stesso
analita ma legante un epitopo diverso dal primo, marcato con un complesso di
rutenio.
25
2) Seconda incubazione: vengono aggiunte delle microparticelle rivestite di
streptavidina che si legano alla fase solita tramite interazione biotinastreptavidina.
3) Terza fase: la miscela di reazione viene aspirata nella cella di misura dove le
microparticelle vengono attratte magneticamente alla superficie dell’elettrodo
mentre le sostanze che non hanno reagito vengono eliminate mediante ripetuti
lavaggi con soluzione specifica (ProCell).
Anche in questo caso i risultati ottenuti vengono confrontati con quelli calcolati sulla
base di una curva di calibrazione master che a sua volta viene testata tramite la tripletta
di controlli almeno una volta per seduta lavorativa.
26
Risultati ottenuti
Popolazione 1
Dei 12 pazienti affetti da IRC di cui è stato effettuato il follow-up, 7 hanno reagito
positivamente al trattamento dietoterapico; 2 pazienti non avendo ottenuto risulti sperati
a tre mesi, hanno dovuto essere sottoposti a trattamento dialitico tradizionale e 3 hanno
sospeso volontariamente il regime dietetico perché ritenuto troppo drastico.
Nella tabella 1 sono riportati i valori di FGF23 dei pazienti al tempo T0 quindi prima del
trattamento dietoterapico e al tempo T1 dopo tre mesi dall’inizio del trattamento. Nella
medesima tabella, inoltre, è possibile evidenziare l’evoluzione clinica intrapresa dai
pazienti,
determinata
dalla
rispondenza
al
trattamento
dietoterapico.
Tabella 1: Dosaggio FGF23 popolazione 1
27
Tabella 2: Esami ematici di routine
28
La tabella 2 evidenzia i valori degli esami ematici di routine di maggior interesse per la
popolazione 1 riscontrati al momento basale (T0) ed a T1.
Per avere maggiori indicazioni sul valore prognostico del dosaggio di FGF23, i 7 pazienti
che hanno mantenuto la terapia nutrizionale sono stati monitorati ad 8 mesi dall’inizio del
trattamento (T2), in questo caso, come detto, non è più stato possibile dosare il valore di
FGF23. Nella tabella 3 sono riportati i valori riscontrati in questa occasione.
Tabella 3: Esami ematochimici di routine al tempo T2
Nella tabella 4 sono riassunti i dati inerenti le medie ed i range per i singoli parametri
clinici ai tre tempi di indagine.
Tabella 4 medie e range dei parametri clinici
Nella tabella 5 sono riassunti graficamente i valori di funzionalità renale e le rispettive
variazioni negli 8 mesi di follow up. In essa è riportato anche il p di significatività cioè la
probabilità che il risultato sia prodotto dal caso più che dall’intervento terapeutico.
29
Nella nostra indagine abbiamo definito come statisticamente significativo un valore p
uguale o inferiore al livello di significatività (p≤0,05).
Tabella 5: Valori funzionalità renale da T0 a T2, p significativa per valori <0,05
Infine nella tabella 6 sono riportate i dati utilizzati per le elaborazioni statistiche ANOVA
metodo applicato per interpretare queste possibili differenze tra i dati ottenuti. Il metodo
permette di confrontare due o più gruppi di dati confrontando la variabilità interna a questi
gruppi con la variabilità tra i gruppi.
30
Tabella 6: Riassunto elaborazione statistica ANOVA
Per alcuni campioni di urine è stata effettuata una valutazione microscopica del sedimento
poiché questo può offrire informazioni a supporto della diagnosi di IRC ed il controllo
dell’andamento clinico.
31
Le urine di soggetti sani contengono un numero molto limitato di emazie, leucociti e
cilindri; quindi un esame qualitativo e quantitativo di questi elementi può fornire
informazioni utili sullo stato di salute del paziente e in modo particolare dei reni [3].
Le immagini 1 e 2 sotto riportate rappresentano due esempi di osservazioni microscopiche
di sedimento urinario effettuati su materiale proveniente da un paziente della nostra
casistica.
32
Popolazione 2
I soggetti appartenenti al secondo gruppo sono seguiti dal nostro centro di Geriatria e
Malattie metaboliche dell’osso. Dipartimento di Medicina Generale e Specialistica.
Si tratta di pazienti portatori di osteomalacia oncogenica diagnosticata, sottoposti ad
intervento chirurgico di eradicazione in cui il marcatore è stato utilizzato nel follow-up
post-chirurgico.
Per questa popolazione i dosaggi di FGF23 sono stati eseguiti a distanza di 6 e 12 mesi
dall’intervento chirurgico, quando i pazienti sono tornati al nostro centro di riferimento
per un controllo generale. Purtroppo per questi pazienti non è stato possibile disporre dei
normali esami di routine in quanto eseguiti presso gli ospedali dei comuni di residenza
dei pazienti. Nella tabella 7 sono riportati tali valori associati all’andamento clinico dei
singoli pazienti.
Tabella 7: Dosaggio dei valori di FGF23 nella popolazione 2.
Soggetti popolazione 2: Dosaggio FGF23
FGF23 Valori di
riferimento (23,2-95,4
pg/mL)
T0
50,1
T1
48,6
T0
52,7
T1
34,1
T0
13,3
T1
12,1
T0
14,9
T1
13,5
Esito clinico
Paziente 1
Paziente 2
Andamento stazionario
Paziente 3
Paziente 4
T0
54,9
T1
102,6
Paziente 5
Aggravamento patologia
L’esiguità del numero campionario rende poco rilevanti le variazioni dei valori riportati
tra i due dosaggi pertanto per questa popolazione è stato possibile soltanto effettuare
considerazioni descrittive.
33
Discussione risultati ottenuti
L’FGF23, è un fattore di crescita dei fibroblasti la cui funzione principale è regolare la
concentrazione dei fosfati nel plasma riducendo il loro il riassorbimento tubulare ed
aumentandone l'escrezione urinaria.
La sua concentrazione plasmatica risulta significativamente aumentata nel corso di
malattia renale cronica ed in forme paraneoplastiche dove i tumori sovra-esprimono il
marcatore causando osteomalacia ed ipofosfatemia in seguito alla perdita renale di fosfati.
Nonostante le due patologie abbiano caratteristiche eziologiche e cliniche diverse, il
fattore di crescita svolge un ruolo prognostico potenzialmente molto importante in quanto
le sue variazioni di concentrazione sono precoci e precedono quelle di altri fattori.
Pertanto, un cambiamento nella concentrazione ematica di FGF23 può rappresentare un
indice clinico importante soprattutto in situazioni patologiche particolari che coinvolgono
in modo consistente il metabolismo organico.
In quest’ottica consideriamo, quindi, i risultati ottenuti dall’esame dei due gruppi di
pazienti che hanno costituito la nostra casistica.
Per quanto riguarda la popolazione,1, nel nostro centro nefrologico, in un paziente
anziano si cerca di posticipare l’intervento dialitico drastico e/o il trapianto mediante il
ricorso ad una dieta aproteica, che, eliminando una componente gravosa nel metabolismo
renale, tenda a preservare la scarsa funzionalità dell’organo senza dover ricorrere a
trattamenti particolarmente invasivi. Nella nostra casistica di 12 pazienti selezionati
perché idonei ad essere sottoposti a tale trattamento, 9 presentano un’età avanzata (6685 anni) mentre i 3 pazienti più giovani (44, 50 e 52 anni) presentano patologie secondarie
che sconsigliano il trapianto e per questo sono stati candidati per trattamento
dietoterapico.
34
Infatti, in pazienti per cui è sconsigliato il trapianto, può essere utile un trattamento
alimentare drastico in grado di arginare i danni causati dall’insufficienza renale avanzata,
ritardare il ricorso al trattamento dialitico o la candidatura al trapianto stesso.
In questo contesto risulta molto importante il ruolo della dieta aproteica supplementata
con chetoanaloghi. Si tratta, però di una dieta molto coercitiva che implica un forte
impegno da parte dei pazienti e un continuo controllo periodico per valutare il loro stato
di salute e l’evoluzione della condizione renale.
Per questo motivo i pazienti sono stati seguiti nel corso dello studio valutando esami
ematici di routine in grado di fornire informazioni sullo stato generale di salute, ma anche
i valori di FGF23 al fine di monitorarne l’andamento nel corso dell’evoluzione della
terapia.
In questo modo si è cercato di dedurre se il FGF23, potesse rappresentare un indice
prognostico precocemente indicativo dell’andamento della terapia stessa, prima ancora
della variazione degli indicatori classici.
Dal risultato dei valori di concentrazione del solo FGF23, con prelievi effettuati al tempo
T0 e dopo 3 mesi dall’inizio del trattamento (Tab.1) si evidenzia subito che in 7 soggetti
la concentrazione del marcatore è diminuita in modo piuttosto drastico mentre gli altri
parametri, nel medesimo lasso di temo, non hanno subito variazioni nette e definite.
Estendendo il tempo di osservazione con l’inserimento del T2 (Tab.4) si denota che ad 8
mesi anche i parametri classici di monitoraggio tendono a variare in modo favorevole.
Dal punto divista clinico questi 7 soggetti hanno ottenuto buoni risultati seguendo un
trattamento non cruento.
Per gli altri 5 pazienti la situazione è stata diversa:
•
2 soggetti, pur proseguendo la dieta anche dopo i 3 mesi dal momento del primo
controllo, non hanno ottenuto alcun giovamento ed è stato necessario
35
l’inserimento nel trattamento dialitico tradizionale; in questi il marcatore ha
mantenuto una concentrazione pressoché costante seppure con un leggero
abbassamento
•
3 pazienti, al termine dei primi tre mesi hanno chiesto di poter sospendere la
terapia in quanto ritenuta troppo gravosa a fronte degli scarsi benefici ottenuti; in
questi casi la concentrazione ematica del marcatore aveva registrato un
innalzamento
Considerando globalmente i parametri classici di funzionalità renale dei 7 pazienti che
hanno proseguito la terapia (Tab. 5), ad 8 mesi l’analisi della varianza ha fatto registrare
una variazione statisticamente significativa nella concentrazione di due elementi
diagnostici per la clinica dell’IRC: creatininemia e fosfatemia.
Inoltre, l’elaborazione ANOVA sui parametri della popolazione T0 e quella a T2 (Tab.6)
ha evidenziato una variazione significativa tra le due (p< 0.0001)
Per la popolazione 2 affetta da osteomalacia i dosaggi di FGF23 sono stati eseguiti a
distanza di 6 e 12 mesi dall’intervento chirurgico. Il dosaggio di parametri quali Calcio,
fosfato, vitamina D3 e Paratormone (PTH) fornisce valori fondamentali nel controllo
dell’andamento dell’osteomalacia oncogenica poiché questi sono i parametri
fondamentali del metabolismo e del tournover osseo, quindi insieme ai valori del fattore
di crescita fibroblastico 23 sono in grado di dare indicazioni sull’eventuale ricomparsa
della neoplasia e dell’osteomalacia oncogenica.
In questo caso per il nostro laboratorio non è stato possibile disporre dei normali esami
di routine poiché, essendo il nostro ospedale un centro di riferimento per la patologia,
dopo le dimissioni i pazienti hanno effettuato gli esami di routine nelle strutture
ospedaliere della loro residenza.
36
La concentrazione ematica del marcatore è stata pertanto confrontata soltanto
l’andamento clinico dei singoli pazienti con il fine di individuarne la validità come indice
prognostico nel follow-up del paziente trattato chirurgicamente.
Per quanta popolazione la terapia farmacologica complementare non prevedeva
restrizioni alimentari particolari bensì l’utilizzo di integratori per fosfati e vitamina D3.
Quattro pazienti hanno presentato un andamento stazionario che indica una mancata
ricomparsa nella neoplasia e di conseguenza della condizione di osteomalacia
oncogenica, mentre il paziente 5 ha subito un aggravamento della patologia riscontrabile
nell’aumento dei valori di FGF23 (Tab.7).
L’esiguità del numero campionario rende poco rilevanti le variazioni dei valori riportati
tra i due dosaggi pertanto per questa popolazione è stato possibile effettuare soltanto
considerazioni descrittive.
Conclusioni
A seguito del nostro lavoro su FGF23 svolto all’interno del Presidio Ospedaliero delle
Molinette, è emersa una correlazione tra l’andamento dei valori di FGF23 sia nella
popolazione 1 con soggetti affetti da insufficienza renale cronica avanzata dove il suo
innalzamento sembrava presagire un peggioramento delle condizioni renali; sia per
quanto riguarda la popolazione 2 comprendente
soggetti affetti da osteomalacia
oncogenica dove l’ andamento stazionario del marcatore è risultato essere in linea con
la mancata ricomparsa nella neoplasia, mentre nel soggetto che ha subito un
aggravamento della patologia, il valore di FGF23 è risultato in innalzamento.
Questi elementi ci permettono di supporre, con le dovute cautele legate all’esiguo numero
di soggetti esaminati, che la variazione favorevole nella concentrazione di FGF23
registrata tra T0 e T1 nella popolazione 1 e la correlazione con la clinica nella popolazione
2 possano avere un carattere predittivo positivo e che il marcatore possa essere candidato
37
a rappresentare un fattore in grado di predire l’outcome (cioè l’esito) dei pazienti che
ricevono una determinata terapia.
I dati ottenuti però possono essere considerati solo come indicativi e necessitano di
ulteriori approfondimenti prodotti da studi futuri sul ruolo di questo biomarcatore
nell’ambito di patologie molto rare come quelle descritte in questa tesi.
38
Ringraziamenti
Desidero ringraziare innanzitutto il Professor Elia Ranzato per avermi seguita e aiutata
durante la stesura di questo elaborato finale.
Vorrei ringraziare il Dottor Giulio Mengozzi per avermi permesso di svolgere il tirocinio
formativo presso il laboratorio Baldi e Riberi dell’ospedale Molinette, per avermi
indirizzata verso la scelta dell’argomento della tesi finale e per essere sempre stato molto
disponibile nel chiarire ogni dubbio che ho avuto.
Vorrei ringraziare i Dottori del laboratorio che sono stati sempre gentili e disponibili e
che mi hanno insegnato con passione il loro lavoro, in particolare vorrei ringraziare la
Dottoressa Gabriella Priolo, la Dottoressa Giovanna Martinasso, la Dottoressa Paola
Caropreso, la Dottoressa Anna Massobrio, e la Dottoressa Federica Lombardi.
Ringrazio i miei genitori per avermi dato l’opportunità di intraprendere questo percorso
e di avermi sostenuta in questi anni.
Ringrazio mia sorella Irene, una donna e una mamma meraviglia, per avermi aiutata in
chimica e matematica. Se non fosse per lei non ce l’avrei fatta.
Ringrazio mia sorella Cristina, una studentessa e una donna brillante, per essere stata il
mio modello da seguire.
Un ringraziamento speciale va a Federico, per essermi stato vicino nei momenti belli e in
quelli brutti e per aver sempre creduto in me.
Infine vorrei ringraziare i miei amici che mi hanno sopportata pure quando ero nervosa e
agitata per le sessioni esami e per aver festeggiato con me ogni esame superato.
39
40
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